Rifiuto del lavoratore al demansionamento ed illegittimità del licenziamento disciplinare
La Cassazione – con ordinanza del 18 ottobre 2022, n. 30543 – ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore, reo di aver rifiutato di eseguire mansioni inferiori.
Al riguardo, l’art. 2103 cod. civ. recita “Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.
In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.
Il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi”.
Nel caso in specie, la Suprema Corte ha chiarito che il ricorrente ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento, poiché la negazione allo svolgimento di prestazioni inferiori e non pertinenti alla sua qualifica non possiede carattere di illeceità disciplinare, tale da giustificarne il licenziamento.