Formazione-lavoro e inclusione Sussidi mirati per l’occupazione
Il decreto Calderone (n. 48/2023), convertito in legge, punta sull’occupazione: dalle misure assistenziali a quelle agevolative, il fine è favorire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. A settembre sarà operativo il nuovo “supporto per la formazione e il lavoro” che, avviando il countdown di addio al reddito di cittadinanza (abrogato dal 1° gennaio 2024 e sostituito dal nuovo “assegno d’inclusione”), riconoscerà un’indennità mensile di 350 euro, per massimo 12 mesi, ai soggetti d’età tra 18 e 59 anni che fruiscono di iniziative di politiche attive del lavoro.
Previsto, inoltre, un nuovo incentivo sulle assunzioni effettuate da giugno a dicembre 2023, anche se a scopo di somministrazione o con apprendistato professionalizzante (di mestiere), di giovani al di sotto dei 30 anni. “Nuovo” incentivo non solo perché non previsto prima, ma soprattutto perché di entità diversa: non uno sgravio, ma uno sconto contributivo per un anno in misura pari al 60% della retribuzione mensile erogata ai neo-assunti.
La riforma del reddito di cittadinanza. La misura del “supporto per la formazione e il lavoro” è figlia della riforma del reddito di cittadinanza (Rdc) che, prevista già dalla legge di bilancio 2023 (legge 197/2022) con l’abrogazione della relativa disciplina, nel dl lavoro trova la nuova formulazione come “nuove misure d’inclusione sociale e lavorativa”, a regime dal 1° gennaio 2024.
A differenza del reddito di cittadinanza, le nuove misure d’inclusione sociale e lavorativa prevedono due sussidi:
- il primo, operativo dal 1° gennaio 2024, è “assegno di inclusione” ed è la misura nazionale di contrasto a povertà, fragilità ed esclusione sociale delle fasce deboli mediante percorsi d’inserimento sociale, nonché di formazione, di lavoro e politica attiva;
- il secondo, operativo dal 1° settembre 2023, è, appunto, il “supporto per la formazione e il lavoro” che prevede la partecipazione a iniziative di formazione e di qualificazione e di riqualificazione professionale, di orientamento, di accompagnamento al lavoro e di politica attiva.
Nuova logica. A differenza del Rdc che ha un unico bacino di destinatari (le famiglie), i due nuovi sussidi hanno due diversi campi di applicazione:
- l’assegno d’inclusione (in sigla Asi) è destinato ai nuclei familiari al cui interno sia presente almeno un disabile, un minorenne o un soggetto di almeno 60 anni: nuclei, cioè, con persone c.d. “inoccupabili” (la misura è, dunque, di tipo assistenziale);
- il “supporto per la formazione e il lavoro” (in sigla Sfl) è destinato alle persone tra 18 e 59 anni appartenenti a nuclei familiari senza diritto all’Asi oppure a nuclei familiari che hanno diritto e beneficiano dell’Asi, qualora (di loro stessi) non sia stato tenuto conto ai fini del calcolo dell’importo del sussidio (la misura, dunque, rientra tra quelle di politica attiva del lavoro).
Il “supporto”. Il nuovo “supporto per la formazione e il lavoro” consiste di un’indennità mensile di 350 euro riconosciuta a favore dei soggetti d’età compresa tra 18 e 59 anni che partecipano a iniziative di politiche attive del lavoro, compreso il servizio civile universale, oppure a progetti utili alla collettività.
Per l’accesso alla nuova misura, oltre all’età, è necessario soddisfare ulteriori condizioni anche di tipo economico. L’indennità è corrisposta per l’intera durata dei progetti a cui si partecipa, per un periodo non superiore a 12 mesi.
Il supporto per la formazione e il lavoro è incompatibile con il Rdc e la Pdc (pensione di cittadinanza) e con ogni altro strumento pubblico di integrazione o di sostegno al reddito per la disoccupazione.
La domanda all’Inps. Il nuovo supporto per la formazione e lavoro, operativo da settembre, andrà richiesto all’Inps direttamente dall’interessato o tramite patronati e Caf, con modalità telematiche, mentre il relativo percorso sarà attuato mediante la nuova piattaforma digitale (c.d. “Siisl”: sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa) dedicata ai beneficiari del nuovo assegno di inclusione attraverso l’invio automatico ai servizi per il lavoro competenti.
Fatta la richiesta e la sottoscrizione del patto di attivazione digitale, il richiedente è convocato presso il servizio per il lavoro competente ai fini della stipulazione del “patto di servizio personalizzato”, in cui, tra l’altro, deve indicare di essersi già rivolto ad almeno tre agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività d’intermediazione, cioè che si è “attivato” nella ricerca del lavoro.
Si deve “volere” lavorare. È un principio inderogabile questo della “volontà” a occuparsi, a trovare lavoro, insomma a non lasciare “campare” dallo stato. Tanto che è previsto pure che non ha diritto al sussidio del supporto per la formazione e il lavoro, il nucleo familiare al cui interno sia presente un disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, fatte salve le dimissioni per giusta causa e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta in base alla normativa in materia di licenziamento. Il divieto dura per i 12 mesi successivi alle dimissioni.
La “scuola” prima di tutto. Inoltre, sempre in via di principio (già previsto dalla legge 197/2022, la legge di bilancio 2023, per la riforma del reddito di cittadinanza), è previsto che non hanno diritto al nuovo sussidio neppure i beneficiari d’età compresa tra 18 e 29 anni che non hanno adempiuto all’obbligo scolastico. Ma c’è un rimedio: frequentare percorsi d’istruzione a ciò finalizzati (finalizzati cioè ad assolvere all’obbligo scolastico, come la frequenza alle scuole serali), mentre s’intasca il nuovo sussidio (che funge, dunque, anche da “stimolo” alla qualificazione).
I vincoli. A seguito della stipula del patto di servizio, il richiedente è tenuto a partecipare alle relative attività previste ed è soltanto questa partecipazione a determinare il diritto d’accesso al nuovo sussidio economico, quale “indennità di partecipazione”, pari all’importo mensile di 350 euro erogato dall’Inps mediante bonifico, per tutta la durata della misura.
Che cosa succede in caso di variazione della condizione occupazionale oppure della composizione del nucleo familiare? La disciplina stabilisce, prima di tutto, che questi cambiamenti devono essere obbligatoriamente comunicati, a pena di decadenza.
Per il resto, si applicano le seguenti conseguenze (le stesse di quanto previsto negli stessi casi ai beneficiari del nuovo assegno d’inclusione):
- in caso di avvio di un’attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del sussidio, il maggior reddito da lavoro percepito non concorre alla determinazione del beneficio economico entro il limite massimo di 3.000 euro lordi annui;
- in caso di avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell’erogazione del sussidio, quest’ultimo viene conservato senza variazioni per le due mensilità successive (a quella di variazione della condizione occupazionale), ferma restando la durata complessiva del beneficio che viene successivamente aggiornato ogni trimestre avendo a riferimento il trimestre precedente, e il reddito concorre per la parte eccedente 3.000 euro lordi annui;
- in caso di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici di partecipazione comunque denominati, o di accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a un mese, la cumulabilità con il sussidio è possibile fino al limite annuo di 3.000 euro lordi;
- in caso di pensioni o altre variazioni reddituali intervenuti nel corso dell’erogazione del sussidio, la situazione reddituale è aggiornata per (ri)determinare il reddito familiare;
- in caso di variazione del nucleo familiare in corso di fruizione del sussidio, l’interessato è tenuto a presentare, entro un mese dalla variazione, a pena di decadenza dal beneficio, una nuova dichiarazione sostitutiva unica (è la domanda d’Isee, in sigla Dsu), aggiornata, al fine di verificare la permanenza dei requisiti previsti per il diritto al sussidio.