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L’assegno unico finisce davanti alla Corte europea

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L’assegno unico sarà portato davanti alla Corte di giustizia europea. Ieri, infatti, la Commissione Ue ha deciso di deferire l’Italia per il mancato rispetto dei diritto dei lavoratori mobili di altri stati membri in relazione alle prestazioni familiari concesse con la misura, un fatto che «costituisce discriminazione e viola il diritto Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori», come si legge nella nota diffusa ieri dalla Commissione.

La procedura, come detto, riguarda il «nuovo regime di assegni familiari per figli a carico (“Assegno unico e universale per i figli a carico”), in base al quale i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno due anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiare della prestazione», introdotto nel marzo del 2022.

La Commissione ha stabilito che il sistema ipotizzato non è compatibile con il diritto dell’Unione «in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Ue». In base al principio della parità di trattamento, prosegue la Commissione, i lavoratori mobili dell’Unione europea che lavorano in Italia ma non sono residenti in Italia, quelli che si sono trasferiti solo di recente in Italia o quelli i cui figli risiedono in un altro stato membro «dovrebbero beneficiare delle stesse prestazioni familiari concesse agli altri lavoratori in Italia».

Inoltre, «il principio dell’esportabilità delle prestazioni previsto nel regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale quali le prestazioni familiari».

La Commissione aveva già inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel febbraio 2023, cui ha poi fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023. «Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea», si legge ancora nella nota.

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