Rapporto di natura religiosa: quando è ammissibile la prestazione a titolo gratuito
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 28 marzo 2018, n. 7703, ha stabilito che ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, ma può essere ricondotta a un rapporto diverso istituito affectionis vel benevolentiae causa, caratterizzato dalla gratuità della prestazione; a tal fine non rileva il grado maggiore o minore di subordinazione, cooperazione o inserimento del prestatore di lavoro, ma la sussistenza o meno della finalità ideale o religiosa rispetto a quella lucrativa, che deve essere rigorosamente provata, fermo restando che la valutazione al riguardo compiuta dal giudice del merito è incensurabile in sede di legittimità, se immune da errori di diritto e da vizi logici. Pertanto, quando un seminarista di un Istituto biblico accetta di pagare la retta in tutto o in parte mediante il proprio lavoro, il rapporto di natura religiosa esistente tra i soggetti non è sufficiente a dimostrare la natura affectionis vel benevolentiae causa del rapporto, ma il convenuto deve dare la prova rigorosa che tutto il lavoro prestato dal seminarista, eccedente o meno la necessità del “piano retta”, sia stato prestato per motivazioni religiose e non in adempimento dell’obbligazione civilistica di pagare il vitto e l’alloggio.