Licenziamenti collettivi: criteri di scelta e costi di trasferimento del lavoratore
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 11 dicembre 2019, n. 32387, ha stabilito che, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, non assume rilievo, ai fini dell’esclusione della comparazione con i lavoratori di equivalente professionalità addetti alle unità produttive non soppresse e dislocate sul territorio nazionale, la circostanza che il mantenimento in servizio di un lavoratore appartenente alla sede soppressa esigerebbe il suo trasferimento in altra sede, con aggravio di costi per l’azienda e interferenza sull’assetto organizzativo. Infatti, ove manchi o sia viziato l’accordo sui criteri di scelta con le organizzazioni sindacali, operano i criteri legali sussidiari previsti dall’articolo 5, comma 1, L. 223/1991, che non contempla tra i suoi parametri la sopravvenienza di costi aggiuntivi connessi al trasferimento di personale o la dislocazione territoriale delle sedi, rispondendo la regola legale all’esigenza di assicurare che i procedimenti di ristrutturazione delle imprese abbiano il minor impatto sociale possibile e non potendosi aprioristicamente escludere che il lavoratore, destinatario del provvedimento di trasferimento a seguito del riassetto delle posizioni lavorative in esito alla valutazione comparativa, preferisca una diversa dislocazione alla perdita del posto di lavoro.