La mera cessazione delle prestazioni di lavoro non prova il licenziamento
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 8 gennaio 2021, n. 149, ha stabilito che la mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sé sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto di significato polivalente, in quanto può costituire l’effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Tale cessazione non equivale a estromissione, parola che non ha un immediato riscontro nel diritto positivo, per cui alla stessa va attribuito un significato normativo, sussumendola nella nozione giuridica di “licenziamento” e, quindi, nel senso di allontanamento dell’attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale.