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Singole azioni lecite collegate da un intento persecutorio

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La Cassazione – con ordinanza del 2 dicembre 2021, n. 38123 – ha ritenuto sussistente mobbing nei confronti del dipendente, anche se i singoli atti compiuti dal datore di lavoro, dal suo preposto o dai colleghi, siano di per se stessi leciti: in tale circostanza, ai fini del mobbing rileva la presenza di un “disegno persecutorio che lega ed unifica le diverse condotte”.

Nello specifico, la Suprema Corte ha individuato quattro condizioni affinché si configuri il mobbing:

  1. le vessazioni nei confronti del lavoratore devono essere sistematiche e prolungate,
  2. il danno causato alla salute del medesimo,
  3. il nesso causale tra le azioni del datore ed il pregiudizio sofferto,
  4. sussistenza dell’intento persecutorio che unisca le singole azioni.

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