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Aumenta il lavoro, ma è povero

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È crisi per il sistema produttivo di azienda Italia. Infatti, crescono Pil (+ 0,9%) e occupazione (+523 mila occupati), ma i nuovi posti di lavoro creati sono precari e poveri. Lo evidenzia il Civ dell’Inps nel rapporto sociale dell’anno 2023, pubblicato ieri. L’allarme arriva dalle entrate dei contributi: l’incremento è soltanto del 5% misura che, nota il Civ, non è proporzionale alla crescita occupazionale e all’inflazione del periodo, così evidenziando un calo della produttività e la creazione di attività lavorative mediamente a basso reddito.

Un trend in crescita. La relazione del Civ, come accennato, è relativa al 2023, anno in cui l’Italia ha raggiunto buoni risultati in termini economici. Infatti, esaurito l’effetto rimbalzo del post Covid, ha comunque registrato una crescita reale del Pil dello 0,9% (rispetto a circa il 4% dell’anno 2022 e all’8,3% dell’anno 2021). Il dato colloca l’Italia in un trend di crescita allineato alla media comunitaria e lascia presupporre un buono stato di salute economica del paese con una buona capacità di produrre beni e servizi.

L’occupazione. Del resto anche l’occupazione è cresciuta nel 2023, proseguendo il trend degli anni precedenti, sebbene a livelli più bassi e con un diverso rapporto fra assunzioni stabili e quelle temporanee. Il saldo occupazione, al netto delle cessazioni, è positivo di 523 mila occupati. Tuttavia, invertendo la tendenza degli anni precedenti, le assunzioni a tempo indeterminato sono calate di 54 mila unità e quelle con contratti a termine salite di 81 mila unità. Le assunzioni a tempo indeterminato diminuiscono per le femmine del 2,8%, per i maschi del 3,3% rispetto al 2022; le assunzioni a termine aumentano per le femmine del 3%, per i maschi del 2,7%. Aumentano, inoltre, tutte le assunzioni con contratti stagionali, in somministrazione e intermittenti.

Il sistema è in crisi. Secondo il Civ dell’Inps la crescita del Pil e dell’occupazione mostrano un buono stato di salute dell’economia che è solo apparente. Considerando le entrate contributive, infatti, nel 2023 c’è stato un incremento complessivo del 5% in termini nominali, non proporzionale alla crescita occupazionale e alla dinamica inflativa registrata nel periodo. Ciò evidenzia, conclude il Civ, un ulteriore calo della produttività del sistema e la creazione di attività lavorative mediamente a basso reddito. Cioè povere e anche precarie, come detto prima.

Dai contributi al Fisco. L’andamento dell’economia ha conseguenze dirette sull’attività principale dell’Inps per quanto concerne soprattutto le prestazioni. Il rendiconto per il 2023, spiega il Civ, registra un aumento di uscite pari a 25 mld di euro rispetto al 2022, a fronte di un incremento delle entrate pari a 18 mld di euro, per una riduzione del saldo che passa da 14 a 7,6 mld di euro. Ciò che caratterizza la gestione dell’Inps, rispetto al passato, è l’incremento del pagamento di prestazioni di natura sociale e assistenziale a carico della fiscalità generale, determinando un diverso rapporto fra entrate derivanti da contributi pagati da lavoratori e imprese rispetto alle entrate derivanti da trasferimenti dal Fisco. Infatti, quest’ultima voce è passata da 157 mld del 2022 a 164 mld di euro del 2023, un valore che sarà ancor più rilevante nel 2024.

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