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Autore: mondolavoro

In CdM il decreto che modifica il regime impositivo dei redditi


In data 3 dicembre 2024, il Consiglio dei Ministri n. 106 ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo che, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111), introduce una complessiva revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF e IRES).

Il testo ha ottenuto l’intesa in sede di Conferenza unificata e tiene conto dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari.

Tra gli aspetti più rilevanti, si segnala che viene estesa anche ai familiari a carico la non concorrenza alla formazione del reddito dei contributi e i premi versati dal datore di lavoro per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza o di gravi patologie, prevista in base alla legislazione vigente in favore dei dipendenti (modifica all’articolo 51, comma 2, lett. f-quater TUIR).

Al riguardo, viene soppressa la lettera i-bis) dell’articolo 51, comma 2, del TUIR che prevede la non concorrenza alla formazione del reddito delle quote di retribuzione derivanti dall’esercizio, da parte del lavoratore, della facoltà di rinuncia all’accredito contributivo presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e le forme sostitutive della medesima, per il periodo successivo alla prima scadenza utile per il pensionamento di anzianità, dopo aver maturato i requisiti minimi secondo la vigente normativa.

Sono modificati i criteri di determinazione del valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti, identificandolo nel prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro. Resta ferma la quota massima di non concorrenza di tale componente del reddito che è pari a euro 258,23 (500.000 lire nella vigente formulazione). 

Si modifica l’articolo 51, comma 5, del TUIR al fine di specificare la documentazione relativa alle somme per i rimborsi di spese di viaggio e trasporto, necessaria affinché tali spese non concorrano alla formazione del reddito. In particolare si prevede che tali spese siano “comprovate e documentate”, in luogo della vigente formulazione che riporta la locuzione “documenti provenienti dal vettore”.

N.B. Le modifiche si applicano alle componenti del reddito di lavoro dipendente percepite a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Le norme modificando gli articoli:

  • 17 (tassazione separata)
  • e 54 (determinazione del reddito di lavoro autonomo) del TUIR

intervengono sulla disciplina dei redditi di lavoro autonomo.

Licenziamenti, indennità slegata dall’anzianità


Risarcito ma non reintegrato l’autista licenziato per giustificato motivo soggettivo per aver rotto il fanale posteriore del furgone aziendale. La risoluzione del rapporto scatta in base al Jobs Act, ma ammonta a 20 mensilità l’indennità a carico del datore, calcolata in base all’articolo 3, comma primo, del decreto legislativo 04.03.2015, n. 23, nonostante la modesta anzianità di servizio del dipendente: conta il fatto che il provvedimento espulsivo risulta irrogato per una mancanza di scarso rilievo a una lavoratore in età avanzata. Così la Corte di cassazione civile, sez. lavoro, nell’ordinanza n. 30701 del 29/11/2024.

Noncuranza esclusa. Bocciato il ricorso proposto dall’impresa di trasporti: la condanna diventa definitiva perché la condotta addebitata al lavoratore non denota la sciatteria che il contratto collettivo punisce con il licenziamento in caso di recidiva e nelle ipotesi meno gravi con la sospensione dal servizio e della retribuzione.

Tardiva e generica risulta la deduzione del presunto precedente disciplinare, mentre il sinistro occorso al veicolo si esaurisce in un momento di disattenzione e non implica l’incuria per i beni aziendali sanzionata dal Ccnl. I danni alla parte posteriore del furgone contestati all’autista si risolvono in un fanale posteriore rotto per aver urtato un muretto in retromarcia in una strada molto stretta: il tutto durante una giornata piena di consegne.

La Corte d’appello rovescia sul punto la decisione di primo grado: nulla dimostra la società sulla noncuranza del lavoratore in modo da poter ricondurre la condotta alla fattispecie individuata dal Tribunale.

Potere discrezionale. Inutile per il datore dedurre che il lavoratore era stato assunto solo un anno e mezzo prima, mentre l’anzianità di servizio resterebbe il criterio preponderante per determinare l’indennità risarcitoria anche dopo la sentenza costituzionale n. 194 del 08/11/2018, che l’ha ritenuto illegittimo come parametro unico: il giudice esercita la sua discrezionalità valutando caratteristiche e modalità del rapporto fra le parti e il numero di dipendenti.

Badanti in nero e anziane


Più irregolari, più anziane, più italiane. E’ il sommario identikit delle collaboratrici familiari impiegate in Italia, secondo il Quarto Report di Fidaldo (Federazione italiana datori di lavoro domestico) sul lavoro domestico presentato ieri a Roma, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.

Il lavoro domestico, sottolinea lo studio, è ai minimi. A fine 2023 l’Inps certifica infatti 833.874 contratti, mai così pochi da quindici anni a questa parte, quasi equamente distribuiti tra colf (50,4%) e badanti (49,6%). La curva del numero dei lavoratori domestici continua a flettersi praticamente in tutto il Paese, con un meno 7,6% rispetto all’anno precedente e, in termini percentuali, di più al Sud.

Ma è la Lombardia che registra in valori assoluti l’emorragia più consistente, con la perdita di 14.254 lavoratori. Sono in particolare le badanti a ridursi, in contrasto con una domanda di assistenza in crescita. «In un paese in cui gli over 65enni aumentano al ritmo di 200mila l’anno, perché le assistenti familiari (regolari) diminuiscono?», si chiede Fidalfo.

Tre le possibili ragioni. In primo luogo perché il mercato nero risulta molto conveniente e la distanza di costo con quello regolare si mantiene netta, anche per gli aumenti delle retribuzioni minime legate all’inflazione, che nel 2023 hanno registrato un più 9%.

«È altamente probabile che la discesa proseguirà nell’anno in corso, mentre nel 2025, con la prevista sperimentazione della Prestazione universale (850 euro in più agli ultraottantenni poveri, già beneficiari di indennità di accompagnamento e in gravissime condizioni di salute), il calo potrebbe rallentare», si legge nel rapporto. Secondo Fidalfo, tra mercato sommerso e non, si conferma la proporzione «60/40», ovvero sono in regola solo circa il 40 per cento delle assistenti familiari. Ciò significa che le badanti totali, con e senza contratto, superano il milione, in Italia.

Un secondo motivo per cui il numero di assistenti familiari non cresce è legato a flussi migratori ancora troppo ridotti. Per il triennio 2023-2025 è previsto l’ingresso, ogni anno, di soli 9.500 lavoratori non comunitari nel settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. Dimensioni non adeguate, per un mercato che conta complessivamente un milione di lavoratori, di cui per tre quarti stranieri.

Per il 2025 è stato aperto un flusso ulteriore di ingressi per 10.000 posizioni, con particolare riferimento al lavoro di cura per grandi anziani e disabili (dl n. 145/2024). Una misura una tantum, certamente positiva, secondo Fidalfo, ma ancora insufficiente.

Il basso turn over poi produce una manodopera a «invecchiamento spinto»: oggi il 65% delle badanti ha più di 50 anni, il 29% ne ha più di 60. Dieci anni fa la quota di ultra 50enni era solo del 43%. Lavoratrici che invecchiano sono anche lavoratrici sempre meno disposte a un carico assistenziale oneroso, e inclini a ridurre e semplificare le proprie mansioni.

Un mercato a rapido invecchiamento presenta inoltre una ridotta disponibilità alla coresidenza tra assistente familiare e persona non autosufficiente. La convivenza ricorre in meno di un caso su tre, mentre per tutto il primo decennio del secolo è stata largamente maggioritaria.

Inoltre, la presenza delle italiane emerge come un tema nuovo: da sempre in lieve aumento, negli ultimi dieci anni c’è stato un balzo. Le badanti italiane sono aumentate nel mercato «osservato» dal 18% di dieci anni fa al 27% di oggi.

È ragionevole supporre, sottolinea il report, «che esse siano sovrarappresentate in questo mercato per i benefici che possono trarre, previdenziali soprattutto, da un regolare contratto di lavoro, benefici che rimangono preclusi a molte straniere. E tuttavia non possiamo escludere che la loro presenza si sia consolidata anche nel mercato irregolare, soprattutto a ore, verso cui le italiane tradizionalmente si orientano».

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