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Autore: mondolavoro

Trasferimento della residenza fiscale all’estero

Il trasferimento della residenza fiscale delle persone fisiche, anche alla luce del comunicato dell’Agenzia delle entrate del 3 marzo 2017, con il quale si sono “puntati i fari” sui capitali e i redditi detenuti all’estero e non dichiarati da parte dei contribuenti italiani che hanno trasferito la residenza fuori dal territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2010, rappresenta oggi un aspetto critico nella gestione della fiscalità del lavoratore dipendente soggetto a mobilità internazionale.

Ai fini della definizione della residenza delle persone fisiche, la fonte dispositiva principale è rinvenibile nell’articolo 2, Tuir, la quale afferma che è residente in Italia chi alternativamente è iscritto all’anagrafe italiana o è ivi domiciliato o residente, questi ultimi due concetti da considerarsi secondo le indicazioni del codice civile.

In particolare per domicilio deve intendersi la sede principale degli affari e interessi economici (articolo 43, comma 1, cod. civ.), nonché delle proprie relazioni personali, mentre per residenza il luogo di abituale dimora.

Tutti i requisiti previsti dall’articolo 2, comma 2, Tuir, devono risultare combinati con l’elemento temporale, che è integrato dal perdurare delle situazioni giuridiche così delineate “per la maggior parte del periodo d’imposta”. Tale locuzione va intesa semplicemente come lasso di tempo superiore a 183 giorni nell’arco di un anno solare, che diventano 184 qualora l’anno fosse bisestile.

È importante stabilire la residenza fiscale del lavoratore, in quanto il soggetto residente in Italia è tassato sia per i redditi prodotti in Italia (Stato alla fonte) sia per i redditi prodotti all’estero (Stato del reddito prodotto).

In merito agli indici presuntivi di verifica della residenza fiscale risulta importante verificare quanto indicato nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 43999/2017, il quale identifica i seguenti criteri di formazione delle liste selettive di cui all’articolo 83, comma 17-bis, D.L. 112/2008 (acquisizione dei dati nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr) ai fini della popolazione residente all’estero da monitorare):

  1. residenza dichiarata in uno degli Stati e territori a fiscalità privilegiata, individuati dal decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999;
  2. movimenti di capitale da e verso l’estero, trasmessi dagli operatori finanziari nell’ambito del monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990 n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227;
  3. informazioni relative a patrimoni immobiliari e finanziari detenuti all’estero, trasmesse dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito di Direttive europee e di Accordi di scambio automatico di informazioni;
  4. residenza in Italia del nucleo familiare del contribuente;
  5. atti del registro segnaletici dell’effettiva presenza in Italia del contribuente;
  6. utenze elettriche, idriche, del gas e telefoniche attive;
  7. disponibilità di autoveicoli, motoveicoli e unità da diporto;
  8. titolarità di partita Iva attiva;
  9. rilevanti partecipazioni in società residenti di persone o a ristretta base azionaria;
  10. titolarità di cariche sociali;
  11. versamento di contributi per collaboratori domestici;
  12. informazioni trasmesse dai sostituti d’imposta con la Certificazione unica e con il modello dichiarativo 770;
  13. informazioni relative a operazioni rilevanti ai fini IVA, comunicate ai sensi dell’articolo 21 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 nonché ai sensi del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127.

In definitiva, ne deriva un quadro nel quale il contribuente deve fornire la piena dimostrazione della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel Paese estero.

È importante che chi trasferisce la propria residenza all’estero presti pertanto particolare attenzione a tutti questi indici e ad altri ancora (esempio assenza di iscrizioni a circoli sportivi e/o palestre), mantenendo con cura tutta la documentazione probatoria.

Prestazione di esodo: contribuzione in caso di part time ed esposizione in UniEmens

L’Inps, con messaggio n. 1360 del 28 marzo 2017, ha offerto chiarimenti in merito a modalità di calcolo e procedure di esposizione della contribuzione correlata in UniEmens per i lavoratori che accedono alla prestazione di esodo ex articolo 4, commi 1-7-ter, L. 92/2012, e che abbiano prestato attività lavorativa in part time, anche per un breve periodo, nell’arco del biennio o quadriennio di riferimento.

L’Istituto ha elaborato un apposito algoritmo di calcolo per valorizzare correttamente la contribuzione correlata sulla base della media delle retribuzioni dei 2 anni o 4 anni precedenti la cessazione del rapporto di lavoro: se nel biennio o quadriennio precedente l’accesso all’esodo il lavoratore abbia fruito di un periodo di part time, l’algoritmo determina il valore delle settimane utili da assegnare mensilmente all’intero periodo oggetto di contribuzione correlata. Qualora, invece, nel biennio o quadriennio precedente abbia prestato lavoro esclusivamente in regime di full time, il valore delle settimane utili coinciderà esattamente con le settimane di diritto e nessuna riduzione sarà operata sulla misura. Pertanto nell’esposizione della contribuzione correlata nei flussi mensili UniEmens, i datori di lavoro non dovranno valorizzare le settimane utili né le coperture settimanali riferite ai lavoratori in prestazione di esodo.

 

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