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Autore: mondolavoro

Sinallagma lavoro/retribuzione e dimostrazione in capo al lavoratore del credito vantato


La Cassazione – con sentenza del 12 dicembre 2024, n. 32125 – è intervenuta in materia di retribuzione, laddove l’azione sia stata promossa dal lavoratore per ottenere l’esatto adempimento della prestazione retributiva a carico del datore di lavoro, precisando che non spetta a quest’ultimo provare l’esattezza del titolo della trattenuta indicato in busta paga.

Al riguardo, la Suprema Corte ha ribadito che spetta al lavoratore dimostrare di essere creditore, e dunque di avere diritto all’intera retribuzione, mentre al datore compete dimostrare invece l’esatto adempimento ovvero l’esistenza di cause giustificatrici.

In GU la revisione del sistema impositivo dei redditi

Nella Gazzetta Ufficiale del 16 dicembre 2024, n. 294 è stato pubblicato il D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, recante “Revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF-IRES)”.

Il provvedimento introduce una revisione complessiva del regime impositivo di tutte le categorie reddituali.

Con riferimento al Reddito di lavoro dipendente, viene modificato l’art. 51, comma 2, lettera a), TUIR, recante il regime di parziale non concorrenza al reddito di lavoro dipendente previsto per i contributi di assistenza sanitaria. Per effetto delle modifiche apportate, sono esclusi dal reddito di lavoro dipendente i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore:

  • in conformità a contratti collettivi di cui all’art. 51, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 o di regolamento aziendale;
  • a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale, iscritti all’Anagrafe dei Fondi sanitari integrativi del SSN, che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti;
  • per un importo non superiore complessivamente ad € 3.615,20.

Viene poi modificato l’art. 51, comma 2, lettera f-quater) , che prevede la non imponibilità dei contributi e dei premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana. In particolare, è prevista l’estensione di tale regime anche ai familiari fiscalmente a carico ex art. 12, comma 2, TUIR.

Sono apportate alcune modifiche all’art. 51, comma 3, TUIR, che individua il criterio generale per la determinazione del valore dei fringe benefit.

Viene inoltre modificato il terzo periodo del comma 3 dell’art. 51 TUIR che indica la soglia “ordinaria” di non imponibilità dei fringe benefit, aggiornando in euro l’importo ivi previsto, che passa quindi da 500.000 lire ad € 258,23.

Infine, si segnala una modifica al comma 5, quarto periodo, dell’art. 51 TUIR, stabilendo che le indennità o i rimborsi di spese per le trasferte nell’ambito del territorio comunale concorrono a formare il reddito, a esclusione dei rimborsi di spese di viaggio e trasporto comprovate e documentate (non più, quindi, comprovate da documenti provenienti dal vettore).

Tali modifiche si applicano ai componenti di reddito di lavoro dipendente percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2025.

Per quel che concerne la determinazione dei redditi di lavoro autonomo viene prevista una razionalizzazione di tale categoria reddituale, con una sostanziale semplificazione del sistema, al fine di avvicinarla a quella del reddito d’impresa.

Nel calcolo del reddito di lavoro autonomo non devono essere considerati e, quindi, non concorrono alla sua formazione:

  • contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde;
  • rimborso delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente;
  • riaddebito ad altri soggetti delle spese sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi a essi connessi.

Tuttavia, le spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente e quelle sostenute per l’uso comune degli immobili utilizzati, anche promiscuamente, per l’esercizio di tali attività e per i servizi a essi connessi e riaddebitate ad altri soggetti non sono ammesse in deduzione dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene.

Pensioni anticipate a 64 anni

Un ponte per la pensione anticipata a 64 anni. Sarà possibile cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo.

Lo prevede un emendamento della Lega (a firma di Tiziana Nisini) approvato dalla commissione bilancio della camera che ieri sera ha concluso l’esame della Manovra 2025, trasmettendo il testo all’aula di Montecitorio che oggi in serata voterà la fiducia al governo.

La chance sarà prevista per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, quindi interamente con il sistema contributivo. Dal 2025, quindi, per superare questa soglia si potrà utilizzare l’eventuale rendita maturata presso un fondo di previdenza integrativa.

Dietrofront sui rappresentanti Mef nei collegi dei revisori

Arriva l’atteso dietrofront del governo sulla presenza di rappresentanti del Mef nei collegi di revisione delle società che ricevano contributi pubblici da parte dello stato superiori a 100 mila euro. Le norme del disegno di legge di bilancio 2025 (articolo 112 commi 1 e 2) che contenevano la discussa stretta da parte di via XX Settembre sono state cancellate con un tratto di penna dopo la levata di scudi dei deputati di opposizione e del gruppo misto.

Particolarmente critico Andrea De Bertoldi che si era scagliato contro la prima riformulazione del governo che invece prevedeva il mantenimento della norma sostituendo la presenza di rappresentanti del Mef con quella di rappresentanti “designati dai ministeri sulla base delle proprie attribuzioni di competenza”.

“La riformulazione proposta dal Mef non incontra assolutamente condiscendenza nel mondo delle imprese e dei professionisti”, aveva tuonato De Bertoldi, che poi si è detto soddisfatto della riformulazione finale presentata dal governo. Scompare dunque l’obbligo per le società private, mentre resta in piedi solo per le pubbliche amministrazioni inserite nell’elenco Istat.

L’anticipo sulle pensioni e il dietrofront sui revisori rappresentano le novità più rilevanti dell’ennesima giornata a singhiozzo che ha caratterizzato i lavori della Manovra a Montecitorio dove il sì in aula è atteso per la giornata di venerdì.

Una giornata di polemiche a tutto tondo tra maggioranza e opposizione per alcuni dietrofront chiesti a gran voce al governo e, secondo Pd e 5 Stelle, trasposti in modo assai timido, se non controproducente, da parte dell’esecutivo.

Contributo unificato

E’ il caso, ad esempio, della norma sul contributo unificato che, nella riformulazione dell’emendamento all’art.105 della legge di bilancio, vieta l’iscrizione a ruolo in caso di mancato versamento del contributo unificato o del minor contributo previsto per legge. Non solo, si prevede che, trascorsi trenta giorni dall’iscrizione, il mancato pagamento darà il via immediato al procedimento di riscossione senza passare dall’invito a mettersi in regola da parte del cancelliere.

Nei giudizi amministrativi si prevede infine il pagamento, fino al doppio del contributo unificato previsto, per gli avvocati che dovessero superare i limiti dimensionali degli atti, senza averne ottenuto preventiva autorizzazione.

Le opposizioni lamentano un “attacco al diritto di difesa” nonché “un gravissimo torto dal sapore persecutorio verso gli avvocati e verso i loro clienti, che in molti casi si vedranno di fatto negato il diritto a far valere le proprie ragioni in sede giudiziaria” (come ha affermato la senatrice Ada Lopreiato, capogruppo M5S in commissione Giustizia al Senato).

Ma critiche sono arrivate anche dall’Aiga (Associazione italiana giovani avvocati) secondo cui si tratta dell’ “ennesimo tentativo di subordinare l’amministrazione della giustizia a un semplice adempimento fiscale” e dall’Organismo congressuale forense che ha parlato espressamente di “norma blocca processi”.

Salta l’aumento dei pedaggi

Il governo ha chiesto ai relatori di ritirare l’emendamento alla Manovra, presentato venerdì sera, che prevedeva l’aumento dell’1,8% per i pedaggi autostradali nel 2025. La proposta conteneva anche la proroga al 30 giugno 2025 della scadenza per l’aggiornamento dei piani economico-finanziari delle concessioni autostradali.

Detassazione mance

Approvato un emendamento che aumenta di 5 punti, dal 25 al 30% il limite di detassazione delle mance che il personale che lavora nei bar o nei ristoranti riceve dai clienti. E ok a un innalzamento da 50mila a 75mila del tetto di reddito sotto la quale si applica.

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