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Autore: mondolavoro

Rivalutato l’assegno di incollocabilità da luglio 2024


L’INAIL – con Circolare 26 luglio 2024, n. 20 – ha provveduto a rivalutare l’importo mensile dell’assegno di incollocabilità che, con decorrenza dal 1° luglio 2024, è definito nella misura di € 305,78.  

Com’è noto, l’assegno di incollocabilità consiste in una prestazione economica, erogata agli invalidi per infortunio o malattia professionale che si trovano nell’impossibilità di fruire dell’assunzione obbligatoria.

Per ottenere l’assegno l’invalido deve avere:

  • età non superiore ai 65 anni;
  • grado di inabilità non inferiore al 34%, riconosciuto dall’INAIL secondo le tabelle allegate al D.P.R. n. 1124/1965 per infortuni sul lavoro verificatesi o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006;
  • grado di menomazione dell’integrità psicofisica/danno biologico superiore al 20%, riconosciuto secondo le tabelle di cui al D.M. 12 luglio 2000 per gli infortuni verificatisi e per le malattie professionali denunciate a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Indennità Iscro: le indicazioni amministrative Inps

L’Inps, con circolare n. 84 del 23 luglio 2024, ha offerto istruzioni amministrative in materia di Iscro, a regime dal 1° gennaio 2024, a favore dei soggetti iscritti alla Gestione separata che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo. Per il 2024 la domanda di indennità Iscro potrà essere presentata dal 1° agosto 2024 al 31 ottobre 2024.

La circolare, inoltre, recepisce l’articolo 17-bis, D.L. 60/2024, convertito, con modificazioni, dalla L. 95/2024, che ha modificato l’articolo 1, comma 155, L. 213/2023.

L’articolo 1, comma 155, Legge di Bilancio 2024, prevede che l’erogazione della indennità debba essere accompagnata dalla partecipazione, da parte dei beneficiari della prestazione, a percorsi di aggiornamento professionale. Inoltre, prevede che il beneficiario dell’Iscro, all’atto della domanda, autorizza l’Inps alla trasmissione alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano-Alto Adige dei propri dati di contatto nell’ambito del Sistema Informativo di Inclusione Sociale e Lavorativa nonché del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, di cui all’articolo 13, D.Lgs. 150/2015, anche ai fini della sottoscrizione del patto di attivazione digitale sulla piattaforma.

La disposizione di cui al citato articolo 1, comma 155, prevede che il Ministero del lavoro monitori la partecipazione ai percorsi di aggiornamento professionale dei beneficiari dell’indennità Iscro.

L’assegno unico finisce davanti alla Corte europea

L’assegno unico sarà portato davanti alla Corte di giustizia europea. Ieri, infatti, la Commissione Ue ha deciso di deferire l’Italia per il mancato rispetto dei diritto dei lavoratori mobili di altri stati membri in relazione alle prestazioni familiari concesse con la misura, un fatto che «costituisce discriminazione e viola il diritto Ue in materia di coordinamento della sicurezza sociale e di libera circolazione dei lavoratori», come si legge nella nota diffusa ieri dalla Commissione.

La procedura, come detto, riguarda il «nuovo regime di assegni familiari per figli a carico (“Assegno unico e universale per i figli a carico”), in base al quale i lavoratori che non risiedono in Italia per almeno due anni o i cui figli non risiedono in Italia non possono beneficiare della prestazione», introdotto nel marzo del 2022.

La Commissione ha stabilito che il sistema ipotizzato non è compatibile con il diritto dell’Unione «in quanto costituisce una discriminazione nei confronti dei lavoratori mobili dell’Ue». In base al principio della parità di trattamento, prosegue la Commissione, i lavoratori mobili dell’Unione europea che lavorano in Italia ma non sono residenti in Italia, quelli che si sono trasferiti solo di recente in Italia o quelli i cui figli risiedono in un altro stato membro «dovrebbero beneficiare delle stesse prestazioni familiari concesse agli altri lavoratori in Italia».

Inoltre, «il principio dell’esportabilità delle prestazioni previsto nel regolamento relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale quali le prestazioni familiari».

La Commissione aveva già inviato una lettera di costituzione in mora all’Italia nel febbraio 2023, cui ha poi fatto seguito un parere motivato nel novembre 2023. «Poiché la risposta dell’Italia non ha tenuto sufficientemente conto dei rilievi della Commissione, quest’ultima ha deciso di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione europea», si legge ancora nella nota.

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