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Autore: mondolavoro

Più contributi per la pensione


Un supplemento di pensione alla Generazione Z
. Ma dovrà pagarlo di tasca propria, per di più tassato. Infatti, chi s’iscriverà per la prima volta all’Inps dal prossimo anno, come dipendente o autonomo o parasubordinato, potrà decidere di versare fino al 2% in più dei propri contributi, ai fini della costruzione di una quota aggiuntiva di pensione da ricevere una volta maturati i requisiti per la pensione base principale.

La quota aggiuntiva di pensione, però, non sarà utile ai fini del diritto alla pensione (in particolare, per il c.d. importo soglia). I contributi aggiuntivi, inoltre, saranno deducibili ai fini fiscali soltanto per metà. A prevederlo è un emendamento al ddl con la Manovra 2025.

Generazione Z. La novità interessa quanti si iscriveranno alla previdenza dal prossimo anno e, al 31 dicembre 2024, sono senza contributi versati, né accreditati). L’emendamento, in particolare, si rivolge a coloro ai quali il «primo accredito contributivo» decorre dopo il 1° gennaio 2025.

Pertanto, al netto di qualche situazione particolare (ritardata occupazione), la novità interesserà i giovani, i nati dall’anno 2000 (la c.d. generazione Z) che cominceranno a lavorare e a versare contributi per la pensione dal prossimo anno.

Quale lavoro. La novità non fa distinzioni circa la tipologia di lavoro, con l’unica esclusione dei professionisti con cassa previdenziale. Infatti, la nuova facoltà si rivolge a quanti s’iscriveranno dal 2025 sia all’Ago (assicurazione generale obbligatoria dell’Inps) e sia alle forme sostitutive ed esclusive, nonché alla gestione separata. Interessa quindi dipendenti, autonomi (artigiani etc.), co.co.co. e professionisti senza cassa.

La novità. La novità consiste nella facoltà, riconosciuta ai neo lavoratori, di «incrementare il montante contributivo individuale» versando all’Inps una maggiorazione dell’aliquota contributiva a loro carico, fino a due punti percentuali. Il montante contributivo, si ricorda, rappresenta la somma dei contributi versati durante la vita lavorativa e costituisce, a fine lavoro, la base di calcolo della pensione.

Chi decide di esercitare la facoltà, pertanto, potrà aumentare l’aliquota propria di contribuzione fino al 2%. I dipendenti, ad esempio, versano in genere il 9,19% della propria retribuzione a titolo di contributi per la pensione: potranno decidere di elevare tale aliquota fino all’11,19% (esempi: al 10% oppure all’11% ma non oltre l’11,19%). La scelta non sarà per sempre, ma revocabile.

La seconda pensione. La novità, come accennato, è finalizzata a incrementare il montante contributivo. Tuttavia, la quota aggiuntiva di pensione, cioè la seconda riferita ai contributi aggiuntivi, non potrà essere utilizzata nella verifica del requisito (se ricorrente) c.d. «dell’importo minimo» da maturare ai fini dell’accesso al pensionamento.

In particolare, questo requisito (importo soglia di pensione maturata), è il terzo per ottenere la pensione di vecchiaia da parte dei c.d. “giovani” lavoratori, cioè soggetti senza contributi al 31 dicembre 1995 (gli altri due requisiti per la pensione sono età di 67 anni e contributi di 20 anni). Dal 1° gennaio 2024, l’importo soglia è pari all’importo mensile dell’assegno sociale, cioè 534,41 euro (è stato 1,5 volte l’importo mensile dell’assegno fino al 31 dicembre 2023).

Contributi tassati. L’emendamento, infine, stabilisce che i contributi versati in più, per effetto della libera scelta d’incrementare il montante contributivo, sono deducibili dal reddito per il 50%. Questa è una penalizzazione, rispetto al regime generale dei contributi versati ai fini pensionistici che sono sempre stati deducibili per intero.

Serve un decreto. Una volta approvata la Manovra 2025, per vedere operativa la novità bisognerà attendere un decreto che dovrà fissarne le modalità.

Sgravio Inps al 50% per i nuovi artigiani e commercianti

Contributi a metà per i nuovi artigiani e commercianti. Quelli che s’iscriveranno all’Inps per la prima volta nel 2025, infatti, potranno chiedere di versare i contributi a metà per i primi 36 mesi di attività. La ridotta contribuzione si rifletterà sulla pensione, che verrà di conseguenza maturata a metà.

Lo prevede un emendamento al ddl con la Manovra 2025. Tra le altre novità, una stretta alla Naspi: dal 2025, chi si dimette dal lavoro potrà fare richiesta dell’indennità solo dopo avere avuto una nuova occupazione per almeno 4 mesi (13 settimane); altrimenti, dovrà attendere il decorso di un anno dalle dimissioni per far valere i contributi versati negli ultimi quattro anni.

Nuovi autonomi. La prima novità interessa i lavoratori che s’iscriveranno nel 2025 per la prima volta all’Inps da artigiani e commercianti, in regime d’impresa, anche forfetario: potranno chiedere la riduzione dei contributi al 50%. La facoltà, che è offerta anche ai collaboratori familiari, è riconosciuta per 36 mesi continuativi dall’inizio attività.

La riduzione dei contributi comporterà, in proporzione, la riduzione dell’accredito utile ai fini della maturazione della pensione. Tuttavia, esistendo un minimale di versamento ai fini del calcolo dei contributi, tale riproporzionamento dovrebbe risultare pari allo sgravio, cioè al 50%. Pertanto, a fronte dei tre anni di riduzione, i contributi risulteranno utili per 1,5 anni ai fini pensionistici.

Stretta alla Naspi. La seconda novità è una stretta alla Naspi, finalizzata a colpire pratiche scorrette. Per il diritto all’indennità di disoccupazione dei dipendenti occorre: a) trovarsi in stato di disoccupazione involontaria; e b) avere, nei quattro anni precedenti la disoccupazione, almeno 13 settimane di contributi.

La prima condizione non si verifica quando il lavoratore si dimette (salvo che per giusta causa) e nell’ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In queste due casi, infatti, la disoccupazione non è involontaria, ma decisa dal lavoratore che ha lasciato il posto di lavoro.

Dal 1° gennaio 2025, in presenza di una cessazione di lavoro per dimissioni intervenuta precedentemente al licenziamento per il quale si richiede la Naspi, il requisito delle 13 settimane di contribuzione non andrà cercato nei quattro anni precedenti la disoccupazione (cioè il licenziamento), ma dalla data delle dimissioni. Poiché è necessario maturare 13 settimane di contributi, occorrerà avere almeno un nuovo lavoro per tre mesi e solo dopo si potrà fare richiesta della Naspi.

La novità mira a evitare l’espediente di ricorrere, in caso di dimissioni, all’aiuto di un’impresa compiacente che riassuma e licenzi il lavoratore (ex dimissionario), per far sì che possa ritrovarsi disoccupato involontario.

Approvato definitivamente il “Collegato Lavoro”


In data 11 dicembre 2024, il Senato – con 81 voti favorevoli, 47 contrari e un’astensione – ha approvato definitivamente il disegno di legge n. 1264 recante disposizioni in materia di lavoro, d’iniziativa governativa e collegato alla legge di bilancio.

Queste le principali novità previste nella disposizione legislativa:

  • Art. 1 – Modifiche al decreto legislativo n. 81/2008
  • Art. 6 – Sospensione della prestazione di cassa integrazione
  • Art. 7 – Sospensione della decorrenza dei termini degli adempimenti a carico dei liberi professionisti per parto, interruzione di gravidanza o assistenza al figlio minorenne
  • Art. 8 – Modifiche alla disciplina in materia di fondi di solidarietà bilaterali
  • Art. 10 – Modifiche in materia di somministrazione di lavoro
  • Art. 11 – Norma di interpretazione autentica in materia di attività stagionali
  • Art. 13 – Durata del periodo di prova
  • Art. 14 – Termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile
  • Art. 15 – Misure in materia di politiche formative nell’apprendistato
  • Art. 17 – Applicazione del regime forfetario nel caso di contratti misti
  • Art. 18 – Unico contratto di apprendistato duale
  • Art. 19 – Norme in materia di risoluzione del rapporto di lavoro
  • Art. 20 – Disposizioni relative ai procedimenti di conciliazione in materia di lavoro
  • Art. 25 – Disposizioni concernenti la notificazione delle controversie in materia contributiva

Tra gli aspetti più rilevanti in tema di rapporto di lavoro, si segnala che:

  • l’art. 13 prevede che “fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso la durata del periodo di prova non può essere inferiore a due giorni né superiore a quindici giorni, per i rapporti di lavoro aventi durata non superiore a sei mesi, e a trenta giorni, per quelli aventi durata superiore a sei mesi e inferiore a dodici mesi”;
  • l’art. 19 prevede che “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.

Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo (tali disposizioni non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza).

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