Badanti in nero e anziane
Più irregolari, più anziane, più italiane. E’ il sommario identikit delle collaboratrici familiari impiegate in Italia, secondo il Quarto Report di Fidaldo (Federazione italiana datori di lavoro domestico) sul lavoro domestico presentato ieri a Roma, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.
Il lavoro domestico, sottolinea lo studio, è ai minimi. A fine 2023 l’Inps certifica infatti 833.874 contratti, mai così pochi da quindici anni a questa parte, quasi equamente distribuiti tra colf (50,4%) e badanti (49,6%). La curva del numero dei lavoratori domestici continua a flettersi praticamente in tutto il Paese, con un meno 7,6% rispetto all’anno precedente e, in termini percentuali, di più al Sud.
Ma è la Lombardia che registra in valori assoluti l’emorragia più consistente, con la perdita di 14.254 lavoratori. Sono in particolare le badanti a ridursi, in contrasto con una domanda di assistenza in crescita. «In un paese in cui gli over 65enni aumentano al ritmo di 200mila l’anno, perché le assistenti familiari (regolari) diminuiscono?», si chiede Fidalfo.
Tre le possibili ragioni. In primo luogo perché il mercato nero risulta molto conveniente e la distanza di costo con quello regolare si mantiene netta, anche per gli aumenti delle retribuzioni minime legate all’inflazione, che nel 2023 hanno registrato un più 9%.
«È altamente probabile che la discesa proseguirà nell’anno in corso, mentre nel 2025, con la prevista sperimentazione della Prestazione universale (850 euro in più agli ultraottantenni poveri, già beneficiari di indennità di accompagnamento e in gravissime condizioni di salute), il calo potrebbe rallentare», si legge nel rapporto. Secondo Fidalfo, tra mercato sommerso e non, si conferma la proporzione «60/40», ovvero sono in regola solo circa il 40 per cento delle assistenti familiari. Ciò significa che le badanti totali, con e senza contratto, superano il milione, in Italia.
Un secondo motivo per cui il numero di assistenti familiari non cresce è legato a flussi migratori ancora troppo ridotti. Per il triennio 2023-2025 è previsto l’ingresso, ogni anno, di soli 9.500 lavoratori non comunitari nel settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. Dimensioni non adeguate, per un mercato che conta complessivamente un milione di lavoratori, di cui per tre quarti stranieri.
Per il 2025 è stato aperto un flusso ulteriore di ingressi per 10.000 posizioni, con particolare riferimento al lavoro di cura per grandi anziani e disabili (dl n. 145/2024). Una misura una tantum, certamente positiva, secondo Fidalfo, ma ancora insufficiente.
Il basso turn over poi produce una manodopera a «invecchiamento spinto»: oggi il 65% delle badanti ha più di 50 anni, il 29% ne ha più di 60. Dieci anni fa la quota di ultra 50enni era solo del 43%. Lavoratrici che invecchiano sono anche lavoratrici sempre meno disposte a un carico assistenziale oneroso, e inclini a ridurre e semplificare le proprie mansioni.
Un mercato a rapido invecchiamento presenta inoltre una ridotta disponibilità alla coresidenza tra assistente familiare e persona non autosufficiente. La convivenza ricorre in meno di un caso su tre, mentre per tutto il primo decennio del secolo è stata largamente maggioritaria.
Inoltre, la presenza delle italiane emerge come un tema nuovo: da sempre in lieve aumento, negli ultimi dieci anni c’è stato un balzo. Le badanti italiane sono aumentate nel mercato «osservato» dal 18% di dieci anni fa al 27% di oggi.
È ragionevole supporre, sottolinea il report, «che esse siano sovrarappresentate in questo mercato per i benefici che possono trarre, previdenziali soprattutto, da un regolare contratto di lavoro, benefici che rimangono preclusi a molte straniere. E tuttavia non possiamo escludere che la loro presenza si sia consolidata anche nel mercato irregolare, soprattutto a ore, verso cui le italiane tradizionalmente si orientano».