Danno all’immagine e alla reputazione causato dal lavoratore: prova e liquidazione
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 8 febbraio 2021, n. 2968, ha deciso che il danno all’immagine e alla reputazione, inteso come “danno conseguenza”, non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé.
Una volta applicati correttamente i suddetti parametri di valutazione, costituisce un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, stabilire se una determinata condotta abbia cagionato un danno non patrimoniale, con ragionamento che è inevitabilmente presuntivo, data l’impalpabilità del danno reputazionale. L’esercizio, in concreto, del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, una volta che sia adeguatamente esplicato il processo logico e valutativo seguito onde pervenire a tale determinazione, non è pertanto suscettibile di sindacato in sede di legittimità.