Danno per mortificazione causata dal datore, anche senza finalità persecutoria
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 20 aprile 2018, n. 9901, ha ritenuto non possa sussistere un generale dovere di protezione del datore di lavoro nei confronti del prestatore di lavoro ai sensi dell’articolo 2087 cod. civ., con la conseguenza che la relativa violazione si può realizzare con comportamenti materiali o provvedimentali dello stesso datore di lavoro, indipendentemente dall’inadempimento di specifici obblighi contrattuali previsti dalla disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Alla luce di tale principio, determinati comportamenti, imputabili a scelte del datore di lavoro, pur se non sì caratterizzano per uno specifico intento persecutorio, laddove suscettibili di considerazione in termini di privazione e mortificazione per il lavoratore e dunque di idoneità offensiva (dimostrabile in vario modo, ad esempio attraverso la sistematicità e durata dell’azione nel tempo, le caratteristiche oggettive del demansionamento o della dequalificazione), possono, come tali, essere ascritti a responsabilità del datore di lavoro, che pertanto è chiamato a rispondere dei danni dai medesimi derivati.