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Il dipendente non può essere spiato per verificare se lavora

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Stop al licenziamento perché il datore non può far spiare il dipendente per controllare se lavora o no.

Nessun dubbio che l’azienda possa verificare anche di nascosto se il lavoratore adempia la prestazione cui è tenuto, ma deve farlo attraverso la sua organizzazione: i nomi e le mansioni del personale addetto alla vigilanza dell’attività lavorativa vanno comunicati ai dipendenti interessati. Il controllo svolto dalle agenzie investigative, invece, deve essere limitato agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale.

E le norme sulla privacy del lavoratore vanno rispettate anche se c’è il sospetto di un’attività illecita. Così la Cassazione, sez. lavoro, nell’ordinanza 17004 del 20/6/2024.

Verifiche occulte

È accolto dopo una doppia sconfitta in sede di merito il ricorso del dipendente licenziato per giusta causa. Trova ingresso una delle censure che lamenta la violazione di norme costituzionali e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo oltre che della legge 300/1970.

Il fatto che si debbano comunicare ai lavoratori nomi e funzioni della vigilanza interna non fa venir meno il potere del datore di controllare le prestazioni e di accertare mancanze specifiche dei dipendenti. E ciò indipendentemente dalle modalità con cui avviene il controllo, che ben può essere compiuto di nascosto, specialmente nei confronti di chi non ha una condotta palesemente inadempiente.

Il tutto, però, sempre quando l’accertamento è svolto direttamente dal datore o dall’organizzazione gerarchica che a lui fa capo.

Interessi da bilanciare

Compie un vero e proprio errore di diritto la Corte d’appello quando dice che l’attività del dipendente incolpato potesse essere controllata dal detective ingaggiato dall’azienda: le verifiche di terzi come le agenzie investigative non possono riguardare l’adempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore, ma attività fraudolente o che possono configurare reati.

Anche di fronte a sospetti illeciti bisogna contemperare le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali «con l’imprescindibile tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore».

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