Impugnazione tardiva del licenziamento illegittimo: nessuna riduzione del risarcimento danni
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 10 aprile 2018, n. 8779, ha ritenuto che l’obbligo del creditore di cooperazione e di attivazione volto ad evitare l’aggravarsi del danno, secondo l’ordinaria diligenza ex articolo 1227, comma 2, cod. civ., riguarda solo le attività non gravose, né eccezionali, o tali da non comportare notevoli rischi o sacrifici. In tema di risarcimento del danno a seguito di licenziamento illegittimo non sono, dunque, imputabili al lavoratore le conseguenze dannose derivanti dal tempo da questo impiegato per la tutela giurisdizionale, sia che si tratti di inerzia endoprocessuale che preprocessuale, tutte le volte che le norme attribuiscano poteri paritetici al datore di lavoro per la tutela dei propri diritti e la riduzione del danno. La regola di cui all’articolo 1227, comma 2, cod. civ., è anche applicabile al danno da risarcire ex articolo 18 St. Lav. a seguito di un licenziamento dichiarato illegittimo. L’attesa del lavoratore, quindi, nell’impugnare il licenziamento non costituisce abuso del diritto se giustificata da ripetuti tentativi di conciliazione intercorsi tra le parti; conseguentemente, il datore di lavoro non ha diritto a una riduzione del risarcimento a cui è stato condannato.