Indennità risarcitoria tassabile
L’indennità risarcitoria dovuta al lavoratore, in caso di somministrazione irregolare, ha valenza sostitutiva del reddito di lavoro dipendente non conseguito ed è assoggettata a tassazione. Questo il principio espresso dall’Amministrazione finanziaria con la Risp. n. 130/2024 .
La fattispecie analizzata ha riguardato una società, condannata dal giudice del lavoro al pagamento, in favore di una ex lavoratrice in somministrazione, di un’indennità risarcitoria. Ciò, a causa dell’accertata irregolarità della somministrazione, per il superamento dei limiti quantitativi consentiti dalla legge (art. 31, dlgs 81/2015) e dalla contrattazione collettiva applicabile. In particolare, la legge prevede che, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, le somministrazioni a tempo indeterminato non possono eccedere il 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto di somministrazione, mentre per le somministrazioni a termine il limite è del 30%.
Il giudice del lavoro aveva, quindi, condannato la società al pagamento di un’indennità (art. 39, comma 2, dlgs 81/2015) pari a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Tfr. L’Istante, in qualità di sostituto d’imposta, chiedeva all’Amministrazione finanziaria il corretto trattamento tributario da riservare all’indennità menzionata. Per rispondere al quesito, l’Amministrazione ha richiamato i principi generali che disciplinano la tassazione dei redditi, di cui all’art. 6, commi 1 e 2, Tuir.
Ai sensi del primo comma, i redditi che concorrono a formare la base imponibile da assoggettare a imposta sono solo quelli classificati nelle categorie ivi previste (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi diversi); il secondo comma prende in considerazione, invece, la categoria dei redditi cc.dd. “sostitutivi” e stabilisce che i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti.
Per quanto concerne, in particolare, le indennità, l’Amministrazione, nel documento di prassi in commento, ha ricordato come soltanto le indennità volte a reintegrare un reddito non conseguito, c.d. “lucro cessante”, possano essere ricondotte a imposizione fiscale; restano esclusi, invece, dal prelievo tributari i proventi e le indennità diretti a ricostituire il mero patrimonio, o a risarcire la perdita economica subita, c.d. “danno emergente”.
Si tratta di principi pacificamente affermati dall’Amministrazione finanziaria. In diversi documenti di prassi (Ris. nn. 106/2009 , 356/2007 , 155/2002 ), è stato precisato, infatti, che devono essere assoggettate a tassazione solamente le indennità con una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente, ossia corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni, sia presenti, che futuri, del soggetto che le percepisce; rimangono, invece, fiscalmente irrilevanti le indennità risarcitorie con una funzione di reintegrazione patrimoniale, ossia corrisposte al fine di indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite.
Anche la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 360/2009 ) concorda, sul punto, con l’Amministrazione finanziaria. In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che sarebbe onere del contribuente – nella specie, del lavoratore – dimostrare che le somme percepite in base ad una definizione conciliativa della controversia, che tenga ferma la cessazione del rapporto di lavoro, si riferiscono a voci di risarcimento puro, esenti da tassazione; ciò, in quanto tali somme hanno, in via presuntiva, natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato e, quindi, di risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante, tassato ai sensi dell’art. 6, comma 2, Tuir.
Tanto premesso, l’indennità risarcitoria per somministrazione irregolare, corrisposta, ai sensi dell’art. 39, comma 2, dlgs n. 81/2015, alla lavoratrice dall’istante, è finalizzata, per espressa previsione legislativa, a ristorare per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive. Tale indennità è, quindi, qualificabile, secondo l’Amministrazione, come un risarcimento del danno consistente nella perdita di redditi di lavoro dipendente; come tale, la stessa ha una valenza sostitutiva del reddito di lavoro dipendente non conseguito dalla lavoratrice e va assoggettata a tassazione, ai sensi dell’art. 6, comma 2, Tuir.
Come afferma Caratelli – presidente Enbic – la risposta in commento è salutata con favore, in quanto è coerente con le conseguenze civilistiche previste la somministrazione irregolare.