L’ambigua vicenda del lavoro agile nell’epoca del COVID-19: un evidente caso di personalità multipla!
Insomma, la vicenda contorta del lavoro agile (o c.d. smart working) persiste e continua anche ai tempi del coronavirus, anzi, a ben vedere, proprio la venuta della drammatica emergenza epidemiologica che ha colpito così duramente il nostro Paese (ed il mondo intero) ne ha sottolineato ulteriormente gli aspetti critici e, per taluni aspetti, addirittura paradossali, se non surrealmente paradigmatici
Come noto, la legislazione emergenziale, che si è vorticosamente stratificata durante la corrente fase di crisi sanitaria (ed economica), ha individuato il lavoro agile quale strumento cruciale per fronteggiare e combattere la diffusione del contagio, di talché, sin dai primi D.P.C.M. (fonte di legiferazione di secondo rango sino ad ora misconosciuta e oramai assurta, invece, a parossistico metodo di promulgazione normativa, corroborato da tradizionale conferenza stampa televisiva o via social media) adottati in materia, si è caldamente raccomandato l’utilizzo di siffatta modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, ancorché in corrispondenza di mansioni compatibili (per le attività che sono state oggetto di sospensione durante il lungo lockdown, in concreto lo smart working risultava l’unica modalità legittima e possibile di prosecuzione, ancorché a scartamento ridotto), soprattutto alla luce del fatto che l’adempimento della propria prestazione lavorativa da distanza, oltre a permettere un minimo di continuità occupazionale (e, dunque, di persistenza retributiva, con minore aggravio per la finanza pubblica discendente dal ridotto impiego degli ammortizzatori sociali), consentiva, di fatto, di ridurre la circolazione non indispensabile delle persone, anche sui mezzi pubblici ampiamente utilizzati dai lavoratori, e, in ogni caso, di evitare assembramenti ed eccessiva popolosità dei luoghi di lavoro; il tutto, peraltro, senza necessità di accordo individuale, potendo quindi il datore di lavoro disporre unilateralmente la collocazione in modalità di lavoro a distanza.