Licenziamento disciplinare: giudizio di proporzionalità tra condotta e sanzione
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza 2 maggio 2022, n. 13774, ha stabilito che quando l’inadempimento addebitato al dipendente risulti privo della gravità necessaria a giustificare la sanzione espulsiva sono previste forme di tutela diverse a seconda che la non gravità dell’inadempimento sia stata o meno tradotta in fattispecie disciplinari tipizzate, punite con misure conservative. È stata introdotta una graduazione in base alla quale la reintegrazione è consentita per le ipotesi in cui l’illegittimità del recesso è, per così dire, maggiormente evidente e dunque, in via generale, laddove il fatto addebitato non sussista ovvero nel caso in cui quel fatto sia punito dalla disciplina collettiva applicabile con una sanzione conservativa. Laddove, invece, in esito alla valutazione in concreto della fattispecie accertata, il giudice ravvisi una sproporzione tra la condotta non tipizzata e la sanzione irrogata, risolto il rapporto di lavoro, dovrà applicare la tutela indennitaria dettata dall’articolo 18 , comma 5, L. 300/1970, rientrandosi in quegli “altri casi” che ai sensi del medesimo articolo 18, comma 5, sono ristorabili con la c.d. tutela indennitaria forte. In sintesi, al giudice è chiesto di procedere a un giudizio più completo e articolato rispetto al passato. Gli è richiesto, infatti, con una sorta di valutazione bifasica, di accertare la sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo di recesso e, nel caso in cui lo escluda, anche il grado di divergenza della condotta datoriale dal modello legale e contrattuale legittimante.