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Quantificazione del danno derivante da perdita della capacità lavorativa

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La Cassazione – con sentenza del 22 luglio 2021, n. 21135 – ha affermato che:

  • il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona,
  • il danno da lesione della “cenestesi lavorativa”, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento, dell’attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell’essenza dell’individuo.

Al riguardo, la Suprema Corte ha ribadito che tale ultima tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del danno biologico (essendo esso normalmente ricompreso nelle valutazioni superiori), va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto.

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