Smart working: rimborsi e tassazione
L’Agenzia delle entrate, con risposta a interpello n. 371 del 24 maggio 2021, ha offerto chiarimenti a una società intenzionata a dare avvio a un programma sperimentale di lavoro agile, rimborsando a ciascun lavoratore dipendente il costo della connessione internet con dispositivo mobile (c.d. “chiavetta internet“) o dell’abbonamento al servizio dati domestico, al fine di consentire lo svolgimento della prestazione di lavoro da remoto, precisando la rilevanza di tale rimborso spese ai fini della determinazione del reddito di lavoro dipendente e in merito al relativo regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa.
L’Agenzia osserva che il rimborso da parte del datore di lavoro non è relativo al solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro, dal momento che l’istante rimborserebbe tutte le spese sostenute dal lavoratore per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, e che la relazione tra l’utilizzo della connessione internet e l’interesse del datore di lavoro è dubbia, in quanto il datore di lavoro è estraneo al rapporto negoziale instaurato con il gestore. Inoltre, dalla descrizione della fattispecie non emerge l’importo del costo che verrebbe rimborsato dal datore di lavoro, consentendo al dipendente un pieno accesso a tutte le funzionalità oggi fruibili sul mercato. Sulla base di ciò, quindi, l’Agenzia delle entrate ritiene che, nella fattispecie descritta dall’istante, il costo relativo al traffico dati che la società istante intende rimborsare al dipendente, non essendo supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, rilevi fiscalmente nei confronti dei dipendenti ai sensi dell’articolo 51, comma 1, Tuir.
Con riferimento ai profili Ires, poiché si è in presenza di un rimborso spese accordato al dipendente in smart working per l’attivazione e per i canoni di abbonamento al servizio di connessione dati internet, che rappresenta un obbligo implicito della prestazione pattuita, l’Agenzia, in linea generale, ritiene che i predetti rimborsi siano deducibili, ai sensi dell’articolo 95, comma 1, Tuir, in quanto assimilabili alle “Spese per prestazioni di lavoro”.