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Unioni civili: permessi ex L. 104/1992 anche per prestare assistenza ai parenti dell’unito

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L’Inps, con circolare n. 36 del 7 marzo 2022, ha fornito nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento dei permessi di cui alla L. 104/1992 e del congedo straordinario ai sensi dell’articolo 42, comma 5, D.Lgs. 151/2001, in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile.

Inizialmente, a differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un’unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla L. 104/1992 unicamente nel caso in cui prestasse assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza fosse rivolta a un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità. Successivamente, su espresso parere del Ministero del lavoro, è stata sottolineata la necessità di modificare tale posizione, potendosi configurare altrimenti una discriminazione per orientamento sessuale.

L’orientamento seguito finora, infatti, seppure attuativo di una norma nazionale, sarebbe in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale dell’Unione Europea, che, al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio di parità di trattamento, vieta la discriminazione basate sull’orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l’occupazione, le condizioni di lavoro e la retribuzione (Direttiva 2000/78/CE attuata in Italia con il D.Lgs. 216/2003).

Pertanto, alla luce della normativa antidiscriminatoria di origine comunitaria e del primato del diritto dell’Unione Europea nei confronti della normativa nazionale, l’Inps fornisce nuove istruzioni operative finalizzate al riconoscimento dei benefici in oggetto in favore dei parenti dell’altra parte dell’unione civile. Fatte salve le modifiche e le integrazioni di cui alla circolare in oggetto, restano ferme le indicazioni già fornite dall’Inps con circolare n. 38/2017.

Pertanto, per i lavoratori del settore privato, il diritto ai permessi di cui all’articolo 33, comma 3, L. 104/1992, va riconosciuto all’unito civilmente, oltre che nel caso in cui in cui questi presti assistenza all’altra parte dell’unione, anche nel caso in cui rivolga l’assistenza a un parente dell’unito. Allo stesso modo, i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione. Resta fermo il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.

L’Istituto evidenzia, invece, che il rapporto di affinità non è riconoscibile tra il “convivente di fatto” e i parenti dell’altro partner, non essendo la “convivenza di fatto” un istituto giuridico, ma una situazione di fatto tra 2 persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi e gli uniti civilmente, il “convivente di fatto” può usufruire dei permessi di cui alla L

. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza a un parente del convivente.

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